Perchè non bisogna abusare delle bevande alcoliche.
La birra, e bevuta in eccesso, provoca spesso diarrea, favorendo l'espulsione di vari sali minerali e di acqua.
La notevole concentrazione d'acqua, insieme al modesto contenuto in potassio (e di alcol), conferisce alla birra una ben nota capacità diuretica, a tutto vantaggio della riduzione plasmatica, elemento auspicabile per chi soffre di ipertensione; inoltre, teoricamente, anche solo l'apporto di potassio senza il sodio (contrastando i livelli di quest'ultimo nel sangue) dovrebbe contribuire al mantenimento della normalità pressoria (arteriosa). Ovviamente, il "rovescio della medaglia" implica una spiccata tendenza alla disidratazione e all'escrezione urinaria di preziosi sali minerali (tra i quali il potassio stesso); tale circostanza è particolarmente insidiosa per gli sportivi e per i soggetti in terza età, due categorie che già difficilmente riescono a mantenere stabile il proprio equilibrio idro-salino.
In realtà, l'effetto dell'alcol etilico, seppur anch'esso diuretico e (a piccole dosi) vasodilatatore, rimane quello di interferire con la regolazione della pressione sanguigna favorendone l'aumento. La birra, quindi, può essere consumata anche da chi segue diete iposodiche ma (nell'ordinario, così come per gli altri alcolici) dovrebbe essere evitata da chi soffre di ipertensione conclamata. A sostegno di tale ipotesi, è anche possibile avvalersi di un ragionamento di tipo indiretto; non tutti sanno che, tra i fattori di rischio dell'ipertensione essenziale (escluse le basi genetico-ereditarie) il più importante è senz'altro il sovrappeso associato alla sedentarietà. Prescindendo dal fatto che, per vari motivi (piuttosto ovvi), il consumo eccessivo di birra non è associabile alla dieta dello sportivo, esiste un'altra ragione per la quale l'abuso di questa bevanda favorisce notevolmente l'eccesso ponderale. La birra, pur non avendo MEDIAMENTE un apporto calorico elevato, mostra una composizione nutrizionale che può favorire l'accumulo adiposo; in essa, infatti, si ha la compresenza di alcol etilico e maltodestrine (carboidrati semi-complessi). Entrambi questi elementi sono coinvolti nell'iperstimolazione di insulina, un ormone anabolico deputato ad incrementare: la sintesi proteica, la sintesi di acidi grassi, la sintesi di glicogeno e il deposito dell'adipe. In parole povere, l'eccesso insulinico tende a far ingrassare e, se consideriamo che l'alcol etilico NON può entrare in alcuna via metabolica che non sia la sintesi degli acidi grassi all'interno del fegato (in pratica, non fornisce energia e viene tutto convertito in grasso) l'effetto ingrassante diviene esponenziale.

Non è finita qui. La peculiare distribuzione dell'adipe correlata all'eccessivo consumo di alcolici, ovvero la così detta "pancia alcolica", è il risultato di uno stoccaggio adiposo che predilige la fascia addominale, in particolar modo quella intra addominale (anzi detta "viscerale"). L'obesità addominale, misurabile con la rilevazione della circonferenza vita (in centimetri), è un importantissimo fattore di rischio per le malattie del metabolismo, tra le quali soprattutto l'insulino-resistenza. Proprio quest'ultima è direttamente correlata all'insorgenza di diabete mellito tipo 2, e SE si associa ad ipertensione, rappresenta la comorbilità più pericolosa per la manifestazione delle malattie cardio-vascolari. Inutile specificare che il sovrappeso e l'obesità viscerale, potenzialmente aggravati dall'eccessivo consumo di birra, sono anche implicati nell'insorgenza della complessa e (ahinoi) ormai piuttosto diffusa "sindrome metabolica".
Proseguiamo ribadendo quanto specificato in merito all'utilizzo metabolico dell'alcol, ovvero la conversione epatica in acidi grassi. Ipotizzando un abuso di birra, questi acidi grassi aumentano a tal punto nel sangue da provocare un vero e proprio segno clinico pseudo-patologico. Per farla breve, l'eccesso di birra può anche determinare una forma di ipertrigliceridemia cronica, più spesso manifesta se l'abuso alcolico si associa al consumo di cibi ricchissimi in carboidrati.
Ovviamente, questi grassi prodotti in eccesso in seguito all'abuso di birra non vengono trasportati e depositati selettivamente; è vero che la maggior parte finisce nell'adipe, ma una piccola parte viene ritenuta dagli epatociti. Tale circostanza è la ragione per la quale, eccedendo con questa bevanda, si possono manifestare un ingrossamento e un ingrassamento del fegato, meglio conosciuto come "steatosi epatica grassa" (di natura alcolica). Nei casi più gravi, la steatosi (processo fondamentalmente reversibile) può cronicizzare evolvendo prima in fibrosi e poi in cirrosi (irreversibili).
Si dice che le birre amare favoriscano la digestione ed abbiano un blando effetto batteriostatico. In porzioni raccomandate (330-660ml/die), qualcuno le consiglia anche per prevenire (ma attenzione, non per curare!) le infezioni gastriche (spesso correlate ad ulcera); in sintesi, le birre amare sembrerebbero contrastare le capacità di replicazione dell'Helicobacter Pylori. Quel che è certo è che, se l'ulcera è già presente, il consumo di birra tende ad aggravare la il decorso della malattia; non a caso, nella dieta per la cura della gastrite e dell'ulcera, qualsiasi alcolico è bandito con assoluta irremovibilità. Inoltre, a dire il vero, molti specialisti pongono gli alcolici "in genere" tra i primissimi fattori di rischio per iperacidità, gastrite e ulcera gastrica o duodenale.
In virtù del basso tenore alcolico, fatta eccezione per le birre a maggior gradazione, un uomo può bere fino a due, massimo tre unità di birra al giorno (purché non assuma altre fonti alcoliche durante la giornata), mentre il gentil sesso non dovrebbe eccedere le due porzioni. Superati questi livelli di assunzione, il consumo di birra arreca più danni che benefici, con una gravità direttamente proporzionale al volume alcolico raggiunto nel complesso.
Niente birra, ovviamente, per le donne incinte o che stanno cercando una gravidanza, né tantomeno per quelle
che stanno allattando, nonostante alcune dicerie sulla presunta "funzione lattogena".
La birra tradizionale è vietata anche per i celiaci, che possono invece consumare le specialità in cui il glutine è completamente assente (per questo contrassegnate dalla spiga barrata).
Un aspetto negativo del consumo di birra frequentemente sottovalutato dai consumatori interessa l'igiene orale. In parecchi sono convinti che le bevande alcoliche, come il collutorio, tendano a ridurre la carica batterica della bocca; ciò è vero solo in parte, o meglio, solo momentaneamente. I batteri del cavo orale, seppur eliminati in gran parte, si riproducono comunque piuttosto rapidamente. Ciò che invece molti non sanno è che l'alcol tende ad irritare anche le mucose della bocca e con esse pure le gengive, che tendono a ritrarsi. Poi, contenendo maltodestrine, la birra fornisce un substrato di crescita batterica a dir poco eccezionale. Si raccomanda dunque di lavarsi i denti anche dopo 20-60' il consumo di birra; meglio non farlo subito, poiché gli acidi della bevanda, uniti allo sfregamento delle setole, potrebbero erodere eccessivamente lo smalto esterno.
Concludiamo evidenziando che la birra, in quanto bevanda alcolica, è spesso oggetto di abuso; tale circostanza, meglio identificabile come "alcolismo", rientra nelle forme più diffuse di tossicodipendenza; pertanto se ne consiglia sempre un uso moderato e comunque mai precedente alla maggiore età.
La birra, e bevuta in eccesso, provoca spesso diarrea, favorendo l'espulsione di vari sali minerali e di acqua.
La notevole concentrazione d'acqua, insieme al modesto contenuto in potassio (e di alcol), conferisce alla birra una ben nota capacità diuretica, a tutto vantaggio della riduzione plasmatica, elemento auspicabile per chi soffre di ipertensione; inoltre, teoricamente, anche solo l'apporto di potassio senza il sodio (contrastando i livelli di quest'ultimo nel sangue) dovrebbe contribuire al mantenimento della normalità pressoria (arteriosa). Ovviamente, il "rovescio della medaglia" implica una spiccata tendenza alla disidratazione e all'escrezione urinaria di preziosi sali minerali (tra i quali il potassio stesso); tale circostanza è particolarmente insidiosa per gli sportivi e per i soggetti in terza età, due categorie che già difficilmente riescono a mantenere stabile il proprio equilibrio idro-salino.
In realtà, l'effetto dell'alcol etilico, seppur anch'esso diuretico e (a piccole dosi) vasodilatatore, rimane quello di interferire con la regolazione della pressione sanguigna favorendone l'aumento. La birra, quindi, può essere consumata anche da chi segue diete iposodiche ma (nell'ordinario, così come per gli altri alcolici) dovrebbe essere evitata da chi soffre di ipertensione conclamata. A sostegno di tale ipotesi, è anche possibile avvalersi di un ragionamento di tipo indiretto; non tutti sanno che, tra i fattori di rischio dell'ipertensione essenziale (escluse le basi genetico-ereditarie) il più importante è senz'altro il sovrappeso associato alla sedentarietà. Prescindendo dal fatto che, per vari motivi (piuttosto ovvi), il consumo eccessivo di birra non è associabile alla dieta dello sportivo, esiste un'altra ragione per la quale l'abuso di questa bevanda favorisce notevolmente l'eccesso ponderale. La birra, pur non avendo MEDIAMENTE un apporto calorico elevato, mostra una composizione nutrizionale che può favorire l'accumulo adiposo; in essa, infatti, si ha la compresenza di alcol etilico e maltodestrine (carboidrati semi-complessi). Entrambi questi elementi sono coinvolti nell'iperstimolazione di insulina, un ormone anabolico deputato ad incrementare: la sintesi proteica, la sintesi di acidi grassi, la sintesi di glicogeno e il deposito dell'adipe. In parole povere, l'eccesso insulinico tende a far ingrassare e, se consideriamo che l'alcol etilico NON può entrare in alcuna via metabolica che non sia la sintesi degli acidi grassi all'interno del fegato (in pratica, non fornisce energia e viene tutto convertito in grasso) l'effetto ingrassante diviene esponenziale.

Non è finita qui. La peculiare distribuzione dell'adipe correlata all'eccessivo consumo di alcolici, ovvero la così detta "pancia alcolica", è il risultato di uno stoccaggio adiposo che predilige la fascia addominale, in particolar modo quella intra addominale (anzi detta "viscerale"). L'obesità addominale, misurabile con la rilevazione della circonferenza vita (in centimetri), è un importantissimo fattore di rischio per le malattie del metabolismo, tra le quali soprattutto l'insulino-resistenza. Proprio quest'ultima è direttamente correlata all'insorgenza di diabete mellito tipo 2, e SE si associa ad ipertensione, rappresenta la comorbilità più pericolosa per la manifestazione delle malattie cardio-vascolari. Inutile specificare che il sovrappeso e l'obesità viscerale, potenzialmente aggravati dall'eccessivo consumo di birra, sono anche implicati nell'insorgenza della complessa e (ahinoi) ormai piuttosto diffusa "sindrome metabolica".
Proseguiamo ribadendo quanto specificato in merito all'utilizzo metabolico dell'alcol, ovvero la conversione epatica in acidi grassi. Ipotizzando un abuso di birra, questi acidi grassi aumentano a tal punto nel sangue da provocare un vero e proprio segno clinico pseudo-patologico. Per farla breve, l'eccesso di birra può anche determinare una forma di ipertrigliceridemia cronica, più spesso manifesta se l'abuso alcolico si associa al consumo di cibi ricchissimi in carboidrati.
Ovviamente, questi grassi prodotti in eccesso in seguito all'abuso di birra non vengono trasportati e depositati selettivamente; è vero che la maggior parte finisce nell'adipe, ma una piccola parte viene ritenuta dagli epatociti. Tale circostanza è la ragione per la quale, eccedendo con questa bevanda, si possono manifestare un ingrossamento e un ingrassamento del fegato, meglio conosciuto come "steatosi epatica grassa" (di natura alcolica). Nei casi più gravi, la steatosi (processo fondamentalmente reversibile) può cronicizzare evolvendo prima in fibrosi e poi in cirrosi (irreversibili).
Si dice che le birre amare favoriscano la digestione ed abbiano un blando effetto batteriostatico. In porzioni raccomandate (330-660ml/die), qualcuno le consiglia anche per prevenire (ma attenzione, non per curare!) le infezioni gastriche (spesso correlate ad ulcera); in sintesi, le birre amare sembrerebbero contrastare le capacità di replicazione dell'Helicobacter Pylori. Quel che è certo è che, se l'ulcera è già presente, il consumo di birra tende ad aggravare la il decorso della malattia; non a caso, nella dieta per la cura della gastrite e dell'ulcera, qualsiasi alcolico è bandito con assoluta irremovibilità. Inoltre, a dire il vero, molti specialisti pongono gli alcolici "in genere" tra i primissimi fattori di rischio per iperacidità, gastrite e ulcera gastrica o duodenale.
In virtù del basso tenore alcolico, fatta eccezione per le birre a maggior gradazione, un uomo può bere fino a due, massimo tre unità di birra al giorno (purché non assuma altre fonti alcoliche durante la giornata), mentre il gentil sesso non dovrebbe eccedere le due porzioni. Superati questi livelli di assunzione, il consumo di birra arreca più danni che benefici, con una gravità direttamente proporzionale al volume alcolico raggiunto nel complesso.
Niente birra, ovviamente, per le donne incinte o che stanno cercando una gravidanza, né tantomeno per quelle
che stanno allattando, nonostante alcune dicerie sulla presunta "funzione lattogena".
La birra tradizionale è vietata anche per i celiaci, che possono invece consumare le specialità in cui il glutine è completamente assente (per questo contrassegnate dalla spiga barrata).
Un aspetto negativo del consumo di birra frequentemente sottovalutato dai consumatori interessa l'igiene orale. In parecchi sono convinti che le bevande alcoliche, come il collutorio, tendano a ridurre la carica batterica della bocca; ciò è vero solo in parte, o meglio, solo momentaneamente. I batteri del cavo orale, seppur eliminati in gran parte, si riproducono comunque piuttosto rapidamente. Ciò che invece molti non sanno è che l'alcol tende ad irritare anche le mucose della bocca e con esse pure le gengive, che tendono a ritrarsi. Poi, contenendo maltodestrine, la birra fornisce un substrato di crescita batterica a dir poco eccezionale. Si raccomanda dunque di lavarsi i denti anche dopo 20-60' il consumo di birra; meglio non farlo subito, poiché gli acidi della bevanda, uniti allo sfregamento delle setole, potrebbero erodere eccessivamente lo smalto esterno.
Concludiamo evidenziando che la birra, in quanto bevanda alcolica, è spesso oggetto di abuso; tale circostanza, meglio identificabile come "alcolismo", rientra nelle forme più diffuse di tossicodipendenza; pertanto se ne consiglia sempre un uso moderato e comunque mai precedente alla maggiore età.
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